25/9/13
Manifesto per l’avvento dell’era “post-automobilistica”.
MENO AUTO: TUTTI PIU’ VELOCI
Noi dichiariamo finita la cultura dell’ “auto-a-tutti-i-costi”.
L’intelligenza si ribella all’idea di bruciare quello che resta del
petrolio, per stare fermi dentro a un fiume di auto ferme.
Al cuore ripugna di vedere il “prossimo” come un ostacolo stradale.
L’auto non è più uno “status symbol”: non lo è più di quanto non sia appuntare
perline e luccichini alla giacca. Non
siamo più interessati alla cultura della “quantità”, ci interessa la cultura
della “qualità”: qualità dei gesti quotidiani, qualità dei luoghi, qualità del
viaggiare.
Aspiriamo a città in cui il centro ideale sia la piazza, non uno
spartitraffico. I “luoghi”, intesi come
spazi significanti, contengono sempre un’anima, mai un parcheggio.
La velocità è un valore, ma oggi viene dopo al rispetto alla sicurezza,
all’educazione, al desiderio di bellezza. Non c’è bellezza nello sfrecciare
senza nulla vedere, mentre c’è molta bellezza nel camminare e nell’indugiare
stupito. Il sovrannumero di auto è come il sovrannumero di ordigni nucleari:
un’“assurdo razionale”. Non ha senso percorrere 500 km in tre ore, per poi
rimanere fermi tre ore per fare gli ultimi 5 km. Neppure ha senso osannare la
velocità dell’auto, quando una bicicletta, in città, va più forte. La
bicicletta è metafora di una nuova qualità della vita: chi pedala non si arrabbia,
non inquina; chi pedala di propria forza riempie e guadagna il suo tempo,
perché mentre si sposta, irrobustisce il corpo e non ha bisogno di spendere i
soldi nelle palestre.
Non esiste più il “tour automobilistico”: chi viaggia non desidera vedere
falsamente il mondo da un finestrino, vuole calcarlo con le scarpe
battenti. La pubblicità per la vendita
di auto, con la sua perfezione formale e con il suo spreco di intelligenza,
rende manifesta la disperazione dei fabbricanti e insieme la malizia di chi per
mestiere deve forzatamente sostenere la desiderabilità dell’oggetto.
Si compra un’automobile per acquistare velocità individuale, e l’effetto è
quello di un rallentamento collettivo.
L’uso solitario dell’automobile ingobbisce la schiena e immiserisce lo
spirito, mentre aprire la portiera ad estranei è un atto che fa sussultare il
cuore, e ringiovanisce.
Noi torneremo nelle nostre belle piazze, come voleva Tonino Guerra, ma
prima occorre liberarle dai posteggi-dormitorio; lo sguardo allora spazierà da
soglia a soglia, e torneranno i pavoni sui culmini delle nostre fontane.
Chiudendo la portiera agli altri, ci chiudiamo all’imprevisto positivo,
alla “serendipità”, e ci immiseriamo.
Per il bene dei nostri figli, da subito vogliamo ridurre la nostra
responsabilità di essere complici della de-forestazione causata dalla
coltivazione di bio-carburanti sostitutivi dei carburanti fossili, e la via
breve per togliere il sovrannumero di auto, è di imparare a sfruttare i sedili
vuoti: carpooling, car-sharing, e jungo.
Non lasceremo nulla di intentato per ridurre la nostra dipendenza dal
petrolio, per ridare spazio, aria e bellezza alle nostre città, e per fare ciò
faremo di tutto – da oggi - per convertire la mobilità solitaria in mobilità
aggregativa.
Ass.Jungo