jungo-trekking trentino in solitaria - il diario 14-17 maggio 2013
15/05/2013
“PASSAGGI NEI VILLAGGI” – JUNGO-TREKKING TRENTINO IN SOLITARIA
PRIMO GIORNO
Vi sto scrivendo da Arco, paesino geograficamente della valle del Sarca, ma culturalmente europeo. Ho iniziato (come già scritto) il “Passaggi nei villaggi”, ovvero lo Jungo-trekking trentino in solitaria.
Arco è una delle prime città italiane ad aver adottato il limite velocità di 30 km/h per il centro abitato. Proteste e conteste, come sempre quando si innova e si limitano le libertà iperindividuali. Arco sarà anche liberticida, intanto, però, qui i bambini giocano per la strada con una libertà impensabile in altre città; “e siamo pieni di turisti stranieri: proprio perché puntiamo alla qualità dell’ambiente”. Roberto Bresciani, architetto, assessore e junghista, che mi riceve insieme al sindaco, è determinato. “Puntiamo su un largo ventaglio di risorse: dalla ciclabile Rovereto-Torbole-Trento, all’arrampicata sportiva, alla cura dell’ambiente; e in strada si devono vedere i bambini che giocano, non le macchine parcheggite”. Quanto all’arrampicata, Arco se la gioca con Parigi e Londra, per i campionati del mondo (che ha già ospitato), mica gli ultimi arrivati. In effetti – meraviglia delle meraviglie per uno come me vecchio aspirante alpinista - il paese ha una ventina di “boutique” di articoli da arrampicata. E solo in posti come questi puoi vedere, alla passeggiata serale, due coppie di splendidi giovani in perfetta tenuta climber, all’esito di una parete di ottimo calcare che sovrasta il paese.
La testa mi cade perché ho preso il treno alle 5,30, con 2 cambi, per essere alla base di partenza del mio jungo-trekking in solitaria: Rovereto. Appena arrivato, un’occhiata al giornale locale, dove cattura l’attenzione un titolo interessante: “Al bacino di Pra’ da Stua arriva l’orso e si fa un bagno”. Sono titoli come questi che mi fanno sentire arrivato in Trentino, lo Yellowstone d’Italia. Un’altra volta, una junghista si è scusata con me di non potersi trattenere al telefono, con le parole: “scusa, ma devo proprio scappare, c’è un orso in zona e dobbiamo fare il sopralluogo”. E’ il Trentino, bellezza !
L’uscita da Rovereto, alle 11, è stata devastante. 40 minuti a guardare le pochissime auto in transito, probabilmente rientranti a pranzo, sarebbero stati indigesti in clima primaverile, figuriamoci con l’estate improvvisa di questi giorni. Sono costretto a spostarmi per trovare una posizione più visibile, ed ecco che infatti, tempo 3 minuti, si ferma un geometra che mi porta direttamente a Mori, così decido di rinunciare a Isera, un po’ fuori strada. A Mori tento di contattare il Sindaco, ma stupidamente, perché è passata l’una; senza convinzione, tiro fuori dalla memoria un vecchio nome, quello di Erman, mio vicino di camera all’università, a Bologna. “Chi, Erman Bona?” mi chiede l’impiegata. Era proprio quello il cognome. “E’ il presidente della Cassa Rurale locale” mi informa. Canaglia d’un Erman sei ancora vivo, mi dico io, e per di più presidente. Purtroppo non posso mettermi a cercarlo perché la giornata rischia di farsi lunga. A Mori segnalo all’attenzione del viaggiatore i 4 enormi cedri del libano davanti alla chiesa (tronco di 80 cm di diametro), il ridente parco pubblico antistante la scuola elementare, da cui si riversano frotte di bambini felici per età, per stagione dell’anno, e per ambiente. Il parco, che talvolta diventa aula all’aperto, è chiuso da un torrentello dal singolare nome messicaneggiante, Rio Cameras. Se decidete di mangiare al Ristorante Vecchia Mori, inoltre, preparatevi a subire il saluto più esuberante del mondo: il ragazzo ha voglia di dar da dire (e se incontra un romagnolo potrebbe aver pan per i suoi denti). Per il secondo passaggio si ferma dopo soli 3 minuti una ragazza che conosce jungo, e, quando le mostro la cartolina, se ne esce con un’esclamazione di sorpresa perché la ragazza-manifesto, Lucia, coincidenza, è una sua amica! Esistono le amicizie intervalligiane, ovvio.
Mi faccio lasciare al lago di Loppio, biotopo meraviglioso. L’antico lago si è estinto quando la galleria di sforo Adige/Garda gli ha rubato la falda (1959). Qualche anno fa si sono fatti lavori di ripristino, e l’acqua sta ritornando piano piano, ed ecco che si sta creando un ambiente di foresta allagata, in salici, come io conosco a Punta Alberete (RA), dove però sono carpini, credo. Percorro la bellissima ciclabile a margine del lago, lambita da sambuchi (non ancora fioriti come sono invece a Rimini, dove ho appena fatto le frittelle con sambuco e robinia), noccioli, luppolo, salici, cornioli. Attualmente il lago è scarsamente visibile perché la vegetazione manca di varchi visivi, che spero l’amministrazione provinciale vorrà procurare, insieme a qualche panchina in più. Comunque il posto è indimenticabile.
La campagna, uscita da un inverno e primavera generosi di precipitazioni, sembra voglia recuperare il tempo perduto e i lavori vi fervono come non mai.
Terzo passaggio per Nago, attendo 4 minuti, donna che non conosce jungo e con fatica accetta il ticket. A Nago noto una bella e antica insegna-stendardo, recante una scarpa arrugginita. Bepi, l’anziano titolare, si accorge che sto fotografando e rimestando dalla memoria riesce a tirar fuori la data della bottega, tutt’ora gestita: 20 giugno 1956. Credo che Bepi sia lo stesso vecchio calzolaio ritratto in un moderno affresco su di un muro. Un vero monumento vivente. Di Nago lascia contrariati, dopo imboccato l’invitante sentiero “per il castello”, al termine di una prima dura salita, l’accorgersi di non essere arrivati da nessuna parte in quanto il grandioso panorama che si sarebbe potuto godere è oscurato dagli arbusti. Pazienza, con 10 minuti in più (chi ce li ha, io non più) si potrebbe raggiungere il castello pur nell’assenza di segnalazioni. Contesto anche il pezzo di sentiero marginato da un orrendo (e vietato) reticolato, al posto della più estetica palizzata di legno.
L’ultima jungata, da Nago, è in posizione molto sfavorevole, e mi costringe a un’attesa di 30 min. Lui è un agente di commercio che conosce jungo. Conosce anche Bresciani e Nicola. E’ di Arco, dove mi fermo per la notte.
Sono stanchissimo: troppo sole e troppe camminate. A domani !
Enrico Gorini