L’avvento della filosofia della rotatoria ha senza dubbio portato effetti positivi sulla circolazione stradale. Però, se uno si ferma a guardare dal marciapiede, assiste a una serie di esitazioni, rallentamenti e stranezze, e inizia a immaginare che qualcosa non va.
Con alcuni amici ho pensato di simulare a tavolino, con un tabellone e delle macchinine di carta, lo scenario di una rotonda ‘tipica’. La dinamica del gioco tende a mostrare che si potrebbe ottenere maggior sicurezza e maggior fluidità (quindi più velocità) mediante l’eliminazione della seconda corsia (quella interna). Paradossale? Certamente. E tuttavia incontrovertibile.
Innanzitutto, togliamo l’equivoco che la rotatoria abbia principalmente una funzione di ‘rallentatore del traffico’. Essa serve invece a fluidificare la circolazione, quindi a velocizzare l’andatura media. Lo fa con una tecnica molto semplice: allungando la percorrenza rispetto al comune incrocio. L’allungatoia serve a distanziare le auto, e quindi agisce come un facilitatore delle immissioni. L’effetto ‘fluidificante’ sta tutto nella sua capacità di interporre distanza fra un’auto e l’altra. Maggiore la distanza, minore la necessità di arresti all’entrata, e minore il rallentamento complessivo. L’effetto voluto è quello di evitare il più possibile l’arresto delle auto, per mantenere il traffico ‘in movimento’. Il primo postulato è quindi che la massima efficienza ai fini della velocità media del traffico all’incrocio si ottiene conferendo ampiezza alla rotonda. Ma è proprio su questo che le nostre rotatorie cadono miseramente! Infatti: permettendo la doppia corsia, si ammette la possibilità di viaggiare affiancati (o di superarsi), ma questo a cosa serve, visto che poi uno dei due dovrà rallentare anche solo per il minimo dubbio che l’altro voglia uscire prendendosi la precedenza ? Quindi la doppia corsia ammette nei fatti un restringimento della rotatoria (il che contraddice il primo postulato), in quanto se si ammette che si possa viaggiare nella corsia interna avendo la precedenza su chi viaggia in esterno, tutto quello che si ottiene, di fatto, è semplicemente un sottoutilizzo della corsia esterna (quella più ampia), e dunque una concentrazione del traffico nella zona di carreggiata con raggio più breve, e quindi di fatto una riduzione non indifferente dell’ampiezza della rotatoria. L’effetto finale è che le nostre rotatorie sono meno efficienti di quello che dovrebbero.
D’altra parte, è sotto gli occhi di tutti che la corsia più esterna, cioè quella più efficiente nel ruolo di smaltimento, rimane pressochè disoccupata. Non a caso chi pretende di viaggiare in corsia esterna, si trova o la strada interrotta da chi si sta immettendo nell’entrata successiva, o la strada tagliata da chi vuole uscire dalla corsia interna.
La conclusione logica, apparentemente paradossale ma razionalmente ineccepibile, è che per velocizzare le rotatorie occorre allargare l’area pratosa, eliminare la corsia interna e conservare una sola corsia, più esterna possibile.
Per dimostrare o confutare questa teoria, basterebbe un esperimento sul campo senza costi: transennando per un giorno la corsia interna.
Enrico Gorini